Museo di Etnografia e Folklore "Raffaele Corso"
Nel cuore della Casa della Cultura Leonida Rèpaci, al pianterreno, si nasconde un tesoro di emozioni, storia e tradizioni: il Museo di Etnografia e Folklore “Raffaele Corso”. Considerato uno dei più importanti musei etno‐antropologici del Sud Italia, questo luogo incanta i visitatori immergendoli in un viaggio affascinante attraverso riti, credenze, mestieri e vita quotidiana della Calabria di un tempo.
Fondato nel 1955 da un gruppo di visionari appassionati – Antonino Basile, Nicola De Rosa, Giuseppe Pignataro, Luigi Lacquaniti, Lombardi Satriani e altri –, il museo nacque con l’intento di preservare l’anima di un popolo. La raccolta dei primi reperti fu il frutto di una paziente e appassionata ricerca, un amore profondo per la cultura calabrese che continua a trasmettersi nelle sale del museo, come un filo invisibile tra passato e presente.
All’interno, ogni oggetto racconta una storia, svelando valori e tradizioni sorrette dalla figura della donna, scandendo i cicli della vita e dell’anno, i momenti di fede e di celebrazione, ricostruendo un mondo ricco di significati.
Dà il benvenuto la sezione Superstizione e Magia, che accoglie le maschere apotropaiche di Seminara e di altre aree della Calabria, con i loro ghigni, che venivano poste sulle porte delle case per scacciare il malocchio e allontanare o annullare le influenze magiche. Accanto alle maschere ci sono le ceramiche smaltate, i Babbaluti, bottiglie antropomorfe usate contro il malocchio e poi nell’umorismo popolaresco che raccontano le leggende del potente personaggio di turno, trasformate in arte popolare.
È esposta la straordinaria collezione di Conocchie, rocche usate per filare la lana, che rappresenta, con circa 800 elementi, l’anima del museo. Ognuna di esse, con i suoi simboli incisi, custodisce pensieri, speranze e gesti antichi, e racconta il ruolo centrale della donna nella vita domestica, come regina della casa e custode delle virtù. Sono raccolti, pertanto, strumenti per la filatura e la tessitura (telaio, arcolai, accessori, abiti femminili realizzati a mano, stecche da busto intagliate e simbolo di promessa di amore eterno); utensili e oggetti domestici (pignata, mortaru, imbuto di latta, ferro da stiro, lume ad olio); attrezzi per l’agricoltura e la pastorizia (aratro, forconi, selle, collari, stampi per formaggi, timbri per dolci nuziali denominati “murcasi”), oggetti della quotidianità che raccontano l’abilità degli agricoltori e dei pastori, e parlano di una vita fatta di cura, rispetto per la natura e per le tradizioni; arnesi per la caccia e la pesca, giochi e strumenti musicali popolari in legno; manufatti legati al folklore religioso, e opere d’arte popolare.
Il museo, con la sua preziosa raccolta, è una porta spalancata su un mondo dove la vita, scandita da antiche credenze e dalla religione, scorreva al ritmo delle stagioni e delle feste.
Tra le celebrazioni più intense e spettacolari della Calabria spicca la Varia di Palmi, che affonda le sue radici nel ‘500. Un’enorme macchina votiva di 16 metri, portata a spalla da 200 portatori, innalza la Vergine Maria in cielo. È un momento di profonda fede e di appartenenza collettiva, tanto da essere stata riconosciuta patrimonio UNESCO.
Si innalzano poi verso l’alto, spuntando silenziosamente da un angolo, le antiche e folkloristiche statue di cartapesta con abiti colorati di tessuto dei Giganti Mata e Grifone, provenienti dal territorio e popolari in tutto il mondo, simbolo di unione tra culture diverse. La tradizione vuole che vengano portati per le vie cittadine durante i giorni di festa e a ritmo di tamburi, facendoli muovere in una danza che simula il corteggiamento.
E poi si trovano oggetti religiosi che rappresentano la grande fede e devozione di un popolo, alcuni usati principalmente durante la Processione di San Rocco (cappa, corona di spine), altri dati in voto dai fedeli al Santo per grazie ricevute (ex voto in cera).
Un capolavoro da non perdere è il Presepe di Don Antonio Rotondo, un’affascinante collezione di oltre trecento figure che offrono uno spaccato della vita quotidiana calabrese, dalle donne che attingono l’acqua alla fontana, agli uomini che spaccano la legna, fino a un sorprendente inferno con tutte le sue sofferenze. Un’opera straordinaria proveniente da Fiumefreddo (CS) che ricorda come il Natale sia una celebrazione universale, capace di unire cielo e terra, peccato e redenzione.
Ogni passo nel Museo è una scoperta, un tuffo nel passato che lascia un segno nel cuore del visitatore. Venire qui significa non solo osservare, ma vivere la Calabria, ascoltare le voci di chi l’ha abitata e custodire nel proprio spirito un pezzetto di quella cultura millenaria che continua a vibrare, forte e fiera, nella bellezza dei suoi simboli e nelle storie che raccontano.